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Essere genitori oggi: Bambini che mettono al mondo Bambini

Essere genitori oggi

Essere genitori oggi essendo persone stereotipate e non risvegliate potrebbe essere più che mai controproducente. Agli inizi del 1900 la popolazione mondiale contava circa un miliardo di persone, oggi siamo circa otto miliardi: una proliferazione incontrollata creata dall’accaparramento delle risorse disponibili.
Mettere al mondo un figlio oggi, a maggior ragione, potrebbe essere un atto egoico e narcisistico piuttosto che un vero e proprio atto di amore.

La mancanza di opportunità, prosperità e di auto-realizzazione in un sistema economico che tende inesorabilmente al collasso, crea nei genitori uno stato di perenne frustrazione e inadeguatezza psichica. I figli vengono visti come uno sfogo su cui finalmente proiettare le proprie frustrazioni di una vita incompiuta e non risolta. Sono genitori per lo più egoici e narcisisti (spesso con delle nevrosi non risolte) che non hanno compreso che lo scopo della propria vita (prima di mettere al mondo altre anime) è quello di saper vedere, accettare e infine gestire (per quanto possibile) i propri demoni dal greco antico δαίμων, dáimōn, «essere divino».

Nell’esplorare il legame tra l’attitudine genitoriale e lo sviluppo del bambino, la teoria psicoanalitica ha sottolineato fondamentalmente il ruolo del mondo intrapsichico materno e paterno, che è influenzato in modo sostanziale da processi inconsci. Questo costrutto teorico della maternità ha i propri antecedenti nel pensiero teorico di Freud, rappresentato dall’ipotesi che ogni relazione vissuta – sia a livello conscio sia inconscio – con i propri genitori durante l’infanzia avrà un’influenza decisiva sullo sviluppo della personalità del bambino. Nel suo lavoro Introduzione al narcisismo, Freud tratta i ruoli genitoriali nell’ambito
dei processi intergenerazionali, focalizzando l’attenzione sui genitori con la loro “coazione ad attribuire al bambino ogni sorta di perfezioni” (1914, p. 461).

Nelle righe successive aggiunge:
“Il bambino deve appagare i sogni e i desideri irrealizzati dei suoi genitori: il maschio deve diventare un grand’uomo e un eroe in vece del padre, la femmina deve andar sposa a un principe in segno di riparazione tardiva per la madre […]. L’amore parentale, così commovente e in fondo così infantile, non è altro che il narcisismo dei genitori tornato a nuova vita; tramutato in amore oggettuale, esso rivela senza infingimenti la sua antica natura. “


È interessante notare che all’interno del concetto di “coazione ad attribuire”, si potrebbero rintracciare gli elementi precursori della successiva scoperta dell’identificazione proiettiva da parte della Klein (1946).
Questo meccanismo non è solo intrapsichico ma anche intersoggettivo e può implicare il cambiamento dell’oggetto su cui la proiezione ha luogo, non solo nella fantasia ma anche nella realtà. Il costrutto dell’identificazione proiettiva costituisce un importante ponte tra la psicoanalisi e il recente approccio intersoggettivo, poiché considera non solo la proiezione personale dei pensieri, delle convinzioni e di parte del sé sull’altra persona, ma anche il cambiamento che avviene nell’altra persona in virtù della proiezione, laddove lei o lui attualizzino, senza alcuna forma di consapevolezza, le attribuzioni all’interno del proprio comportamento o dei propri pensieri.

Come Seligman (1999) ha accuratamente illustrato per mezzo di osservazioni dettagliate, tutto questo è particolarmente rilevante nella relazione genitore-bambino, dal momento che l’asimmetria nella relazione favorisce le attribuzioni materne e paterne al bambino, il quale è molto sensibile alle proiezioni genitoriali. Questo processo ha luogo durante gli scambi interattivi, nel cui ambito il genitore preme attivamente affinché il bambino si comporti, senta e pensi, in modo conforme alle proiezioni. Oltre all’identificazione proiettiva, tali concetti includono anche l’empatia, il rispecchiamento, e, più estesamente, l’internalizzazione (Seligman, 1991).


Essere genitori oggi non è facile. Le osservazioni di Freud sono particolarmente interessanti perché, in un certo senso, smascherano l’amore genitoriale, che non è solo generosità, abnegazione, protezione e cura del bambino, ma anche narcisismo ed un atto di egoismo, dal momento che un bambino può nascere anche per concretizzare i sogni irrealizzati dei suoi genitori narcisisti. Il bambino spesso personifica l’Ideale dell’Io dei genitori, e ciò spiega il motivo per cui i genitori vedono se stessi nei propri figli e spesso hanno delle aspettative rigide, a causa delle quali non possono accettare che possano prendere strade che loro non avevano indicato.

A questo riguardo, nell’illuminante scritto L’odio nel controtransfert, Winnicott ha esplorato l’odio materno nei confronti del proprio bambino:
“La madre, comunque, odia il suo piccolo fin dall’inizio. Freud, credo, riteneva possibile che una madre potesse in certe circostanze provare solo dell’amore per il maschietto, ma a noi sorge il dubbio” (1947, p. 242). Tenendo in considerazione le possibili ragioni per cui una madre potrebbe odiare il proprio bambino, Winnicott ha definito il bambino come “[…] un pericolo per il suo corpo durante la gravidanza e alla nascita. Il bambino rappresenta un’interferenza nella sua vita privata, una sfida alla precedente occupazione”

Il concetto di attualizzazione di Sandler sottolinea il tentativo principalmente inconscio di manipolare o provocare le situazioni intersoggettive così da riprodurre gli aspetti delle esperienze e delle relazioni passate nel presente. Applicando questi concetti ai genitori e ai loro bambini, Selma Fraiberg (1975) ha scritto, “Nella stanza di ogni bambino ci sono dei fantasmi […] visitatori del passato non ricordato dei genitori […] questi visitatori, ostili e non invitati, vengono cacciati dalla stanza dei bambini […] i legami d’amore proteggono il bambino e i suoi genitori dagli intrusi” (p. 179).
In qualche caso, potrebbe succedere che la famiglia sembri posseduta dai propri fantasmi, e che i genitori e i loro bambini possano trovarsi a riproporre un momento o una scena del passato con protagonisti diversi. In queste situazioni il bambino è già in pericolo e può manifestare i primi segni di deprivazione emozionale o di attribuzione maligna, poiché schiacciato dal passato opprimente dei propri genitori.

In un saggio successivo, Psicologia delle masse e analisi dell’Io, Freud (1921) ha considerato l’altro aspetto di questo processo madre-bambino. La teoria psicoanalitica ha fondamentalmente evidenziato la costellazione intrapsichica e rappresentazionale materna, che è profondamente influenzata dalle esperienze infantili della madre e dalle sue vicissitudini con le sue figure genitoriali. In questo ambito, gli eventi relazionali e i processi di risonanza inconscia appaiono reciprocamente connessi.

Essere genitori oggi come ieri crea una lecita domanda: è veramente un atto d’amore o un atto egoistico?

In questo approccio viene data enfasi alla dimensione narcisistica dell’amore genitoriale e all’investimento pulsionale del bambino che influenza lo stato affettivo materno, soprattutto durante i primi mesi di vita: secondo la psicoanalisi, lo sviluppo del bambino è fortemente influenzato dalle sue pulsioni, che devono essere gratificate dalla madre al fine di garantirgli una omeostasi di base. Nonostante ciò, la psicoanalisi ritiene che i bisogni primari del bambino siano in contrasto con l’organizzazione ambientale, provocando sin dall’inizio un conflitto tra i desideri individuali e le attitudini genitoriali.

I genitori narcisisti possono entrare in conflitto e squalificarsi a vicenda, quando si prendono cura del figlio.
Queste attitudini genitoriali sono direttamente osservabili nella vita familiare di tutti i giorni, oppure vengono percepite da uno dei genitori attraverso la comprensione dello stato mentale del partner e l’interpretazione del suo comportamento genitoriale. Numerosi fattori possono influenzare negativamente le dinamiche tra i genitori, ostacolando la loro relazione: tra questi si rilevano il disaccordo e il conflitto in merito alle decisioni educative per il bambino (Belsky et al., 1995), che spesso viene sfruttato come lotta di potere dei due coniugi. A questo proposito, risulta particolarmente conflittuale la situazione in cui la madre si assume la responsabilità primaria verso il bambino, sentendosi irritata dagli interventi e i comportamenti del padre durante l’accudimento del figlio. In questi casi è piuttosto frequente che la madre cerchi di interferire svalorizzando il padre, assumendo una funzione definita di gatekeeping (van Egeren, 2003, p. 290), quando è lui a prendersi cura del bambino. L’esperienza cogenitoriale può essere ulteriormente compromessa quando le madri si sentono frustrate nelle proprie aspettative, perché percepiscono che il partner non le riconosce e non le sostiene abbastanza nell’accudimento del figlio (van Egeren, 2004).

L’articolo è tratto da: LA NASCITA DELLA INTERSOGGETTIVITÀ autori: Ammanniti e Gallese (2014)